13.7.11

Cella 211

Discreto film spagnolo del 2009, sulle condizioni nelle carceri e sull'amicizia tra uomini rudi. In breve, Juan Oliver, futuro secondino, decide di andare a visitare il carcere in cui dovrà lavorare proprio nel giorno in cui Malamadre, l'assassino più spietato e pericoloso della prigione, aveva deciso di sollevare una rivolta per chiedere un miglioramento delle condizioni dei detenuti. Che culo, eh? Come se non bastasse, il povero sfigato si prende una botta in testa, le altre guardie lo lasciano lì e lui è costretto a fingersi un detenuto per non essere scuoiato vivo seduta stante. E dire che la moglie glielo aveva detto, stai a casa, che ci vai a fare in carcere che cominci domani a lavorare? Vedi che succede a non dar retta alle mogli?
Leggo ora su internet che questo film ha ricevuto una barca di premi. A giudicare dai commenti entusiasti di mia madre durante la visione, poi, sembrava di assistere al capolavoro del secolo. Addirittura si è sentita così coinvolta che alla fine del film già mi stava elencando le sue ipotesi sul proseguimento della storia (tra l'altro il film l'ha scelto lei, perché, parole sue, adora i film con i carcerati).
Quanto a me, a parte un momento di panico all'inizio, nella scena in cui Malamadre ordina a Juan di spogliarsi, e in cui per fortuna si vede solo mezza chiappa altrimenti sarebbe stato imbarazzante con mia madre vicino, una sola, unica domanda mi ha attanagliato per tutto il film: chi è più fico, Malamadre, il rozzo dal cuore tenero, o Juan, il bello e dannato?



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